Le Voci del Folklore. Un’identità ai beni immateriali

“Le Voci del Folklore”,  una collana dedicata soprattutto alle voci dei dialetti, costituita principalmente da registrazioni audio e audiovisive, con l’intento di costituire un Archivio internazionale audiovisivo  e sonoro. Le voci dialettali, in qualità di testimonianze orali, in questa prospettiva, sarebbero analizzate e valorizzate come elementi di identificazione della persona in quanto tale e in quanto componente di una comunità sociale e culturale. Del tema della voce umana, d’altronde, si occupano a vario titolo numerose discipline: la linguistica, l’antropologia culturale, l’etnomusicologia, la musicologia, l’ingegneria elettronica.Il tema dello Strumentario può apparire a prima vista non consono con quello della Collana; ma, se viene considerato una delle tante manifestazioni di un ambiente culturale, emergono con evidenza i legami con le altre forme di espressione che permettono di sentirsi parte e di dichiarare la propria appartenenza alla comunità e alla sua relativa cultura.C’è da aggiungere, inoltre, che la voce umana è, come la nota musicale, un suono: l’uno prodotto con lo strumento musicale umano (l’apparato fonatorio), l’altro con gli strumenti musicali costruiti dall’uomo. I due suoni appartengono a due tipologie diverse, pur avendo una parte in comune: non sono antitetici, ma possono essere complementari. Attraverso la combinazione di questi elementi (i suoni e i foni) possiamo ottenere diverse composizioni musicali: musica strumentale, vocale, vocale e strumentale insieme; anche parlando una delle tante lingue naturali, produciamo una delle possibili forme della musica vocale.L’aspetto musicale delle lingue (che con termini tecnici chiamiamo prosodia) ci permette di segnalare l’organizzazione dei significati, la struttura logico-sintattica e la gerarchia delle informazioni di un testo orale (composizione che presenta numerose e varie tipologie). Ogni lingua ha la sua propria melodia e il suo proprio ritmo, che sono frutto dell’elaborazione culturale di una comunità, collocata in un preciso tempo e spazio.Il parlare (comporre una modulazione ritmica “significante”), il cantare (nella doppia accezione di modulare la voce secondo un motivo musicale; e di eseguire con la voce una musica) ed anche il mangiare2 fanno parte di quelle attività con le quali diamo concreta attuazione a numerose funzioni: organizzare la propria esperienza, attribuire valori a quanto facciamo, trasmettere esperienze, fondare e costruire rapporti interpersonali e comunitari, cioè più semplicemente: pensare, nutrirsi, comunicare, esprimersi. Se per la lingua è scontato riconoscerne lo statuto di strumento di comunicazione, e perciò di potente strumento di socialità, per la musica e il cibo è opportuno sottolinearlo e evidenziarlo.Dal momento che il senso di identità e di appartenza ad un gruppo e ad un luogo si realizza (o si rifiuta) in varia misura, possiamo ricorrere anche all’uso di questi “strumenti” per produrre melodie e ritmi caratteristici, che segnalano le diverse modalità di costruzione e di partecipazione e, dunque, l’originalità e la tipicità delle singole lingue e culture.L’incidenza e il rilievo della musica, come d’altronde della lingua, nella costituzione della storia e dell’identità di una certa comunità, insieme alle particolari caratteristiche assunte dall’aspetto della cultura materiale (gli strumenti musicali etnici) nelle diverse regioni delle penisola, sono alla base della presentazione di questo progetto di ricerca in campo linguistico e antropologico.Il paesaggio linguistico e culturale italiano è ancora vario e frazionato, nonostante sia sottoposto alle forti pressioni del cambiamento, ai cosiddetti processi di globalizzazione; l’attenzione posta alle voci del folklore non si configura come una operazione di ritorno nostalgico al passato, ma come una delle possibili risposte ai nuovi bisogni comunicativi ed espressivi imposti dalle nuove dimensioni comunicative.In questo quadro la riscoperta del localismo e delle radici appare non una chiusura o un ripiegamento, ma un passaggio per l’apertura di un dialogo costruttivo, basato sulla reciproca conoscenza e disponibilità ad accogliere le altrui ricchezze.